giovedì 1 luglio 2010

È ragionevole ipotizzare


“Attraverso un programma di azioni criminali che hanno cercato di incidere gravemente e in profondità sull’ordine pubblico, Cosa Nostra ha certamente inteso agevolare l’avvento di nuove realtà politiche che potessero poi esaudire le sue richieste”. Così affermava Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, lo scorso 26 maggio. Carlo Azeglio Ciampi, che era presidente del Consiglio all’epoca di quelle azioni criminali, si affrettava a dirsi d’accordo: “Il procuratore antimafia dice la verità, e io condivido pienamente le sue parole”.
Nessuno dei due produceva prove e senza prove si dovrebbero evitare termini come “verità” o “certamente”, ma in questo caso non si trattava di un Gaspare Spatuzza o di un Massimo Ciancimino: le loro dichiarazioni sembrarono ipotesi, però autorevoli.

Ora accade che, a poco più di un mese di distanza, per di più all’indomani di una sentenza che rigetterebbe almeno l’elemento più inquietante in quelle ipotesi, e cioè un accordo tra mafia e importanti pezzi della politica, della finanza e dello stato, Beppe Pisanu, presidente della Commissione bicamerale antimafia, affermi: “È ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra cosa nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica”. Siamo ben oltre le affermazioni di Grasso: “certamente” Cosa Nostra cercò un accordo – diceva il procuratore nazionale antimafia – ma qui è “ragionevole” pensare che quell’accordo fu trovato. Siamo dopo Grasso e Ciampi, poco prima di Spatuzza e Ciancimino, sicché è lo stesso Grasso che adesso chiede prove a Pisanu.

Probabilmente Pisanu non le ha, altrimenti non avrebbe detto “ipotizzare”. Il fatto è che accanto a “ipotizzare” mette un “ragionevole” che tutto sommato è d’uomo di buona reputazione, peraltro appartenente ad uno schieramento politico che, leader in testa, definisce farneticanti quelle ipotesi, ma pure assai stimato dai suoi avversari, soprattutto da quelli poco inclini a formulare o sostenere ipotesi senza prove e cauti in costruzioni complottiste.
Non è tutto. Pisanu è stato coinvolto nello scandalo della P2 e la sua carriera politica ne risultò compromessa per qualche tempo. Voci di brogli elettorali, poi, hanno insidiato la sua reputazione, nel 2006. A coinvolgerlo, in entrambi i casi furono ipotesi forse ritenute “ragionevoli” con eccessiva leggerezza: un uomo che ha constatato questo sulla sua pelle solitamente ipotizza con giudizio, evitando considerazioni ardite su dati inconsistenti. E dunque le sue dichiarazioni odierne hanno un rilievo particolare.

Voci maliziose non tarderanno ad insinuare, addirittura ad affermare in modo esplicito, che queste affermazioni tornano a palese sostegno dei teoremi cari ai più accaniti nemici di Silvio Berlusconi e che, dunque, sono da intendere come ulteriore sintomo di disagio interno al centrodestra e soprattutto al Pdl. Si dirà che a parlare è stato un politico caduto in disgrazia presso il suo Principe, emarginato da qualche tempo in qua, un poco incarognito dal risentimento e fra i tanti che nel Pdl stanno accantonando punti per il dopo Berlusconi o per soluzioni bipartisan nell’interregno. Si dirà che ha rispolverato la vecchia giubba da zaccagniniano, che si muove da post-post-democristiano...

Di certo c’è solo il fatto che Pisanu sembra aver previsto questo. Infatti aggiunge: “Di fronte a [quegli] eventi terribili si giustappongono senza mai fondersi tre verità, quella giudiziaria, quella politica e quella storica, che si basano su metodi di ricerca e su fonti diverse con la conseguenza di dare luogo a risultati parziali e insoddisfacenti. La verità politica interessa tutti noi per cercare di spiegare ai nostri elettori quale pericolo ha corso la democrazia in quel biennio e come si è riuscito a evitarlo”.
Pisanu, in realtà, offre una ipotesi che solo in apparenza è imbarazzante per il centrodestra: concorda con chi ritiene che con gli attentati del ’92-’93 la mafia abbia voluto aprire un tavolo di trattativa col mondo politico, ma che la risposta fu negativa e il “no” venne proprio dal mondo politico che si sarebbe coagulato in Forza Italia.
I giudici e gli storici diranno quanto nelle loro possibilità, il politico già dice quanto nelle sue: Forza Italia nacque  proprio da quel “no”. Se l’opzione militarista di Cosa Nostra si rivelò fallimentare, come non darne merito a chi riempì il vuoto politico di quegli anni?

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