sabato 6 agosto 2011

Parliamo di islamofobia

Giovanni Fontana scrive che islamofobia è una parola fasulla perché cerca di accostare al razzismo il rifiuto di una religione” (Distanti saluti, 6.8.2011). Non sono d’accordo e penso che nell’esprimere tale opinione egli commetta un grave errore. Il suffisso -fobia, infatti, non esprime necessariamente un sentimento razzista, ma piuttosto – sia nel linguaggi clinico che in quello comune – quel combinato di paura, avversione e ripugnanza, quasi sempre istintive, immotivate e dunque patologiche, che il -fobico non indirizza necessariamente su un individuo di razza diversa dalla sua (perfino nella xenofobia la differenza di razza può non essere affatto l’elemento che scatena e sostiene la fobia), né necessariamente su un individuo, ma anche – e, anzi, più spesso – su animali, oggetti o situazioni.
D’altra parte, ho come l’impressione che questo errore sia voluto, quasi cercato da Giovanni Fontana, e sostenuto da una vera e propria fobia del termine islamofobia e/o di chi lo usa. Sarà il caso di fare chiarezza, dunque, e a tal fine possiamo cominciare proprio dal raccogliere il suo invito a “riflettere sul portato semantico e ideologico di quella parola”. Sul piano semantico, data la premessa, direi che per islamofobia si possa intendere il complesso variamente combinato di paura, avversione e ripugnanza, quasi sempre istintive, immotivate e dunque patologiche, che l’islamofobico indirizza sull’islam. È chiaro che, però, l’islam potrà suscitare paura, avversione e ripugnanza anche in chi non sia islamofobico: la differenza sarà nel fatto che tali sentimenti saranno motivabili sul piano razionale con argomenti in grado di supportare la critica e il rifiuto di ciò che l’islam rappresenta sul piano religioso, culturale, ecc. Differenza che non sarà affatto irrilevante nel caratterizzare il portato ideologico della critica e del rifiuto, a cominciare dalle modalità che questi assumeranno sul piano culturale e politico, sicché difficilmente l’islamofobico riuscirà ad esprimere una critica ben argomentata di ciò che rifiuta dell’islam, e in lui il rifiuto assumerà una configurazione di tipo coattivo, contrassegnata sul piano culturale da assunti raramente dimostrabili, quasi sempre pregiudiziali, ma senza che il pregiudizio sia necessariamente razziale, mentre sul piano politico si esprimerà in istanze di difesa identitaria, segnate non di rado da un’urgenza dal sapore paranoico. E tuttavia il razzismo potrà non essere in questione, e spesso infatti non lo è.
D’altronde, dando spazio alla contraddizione, è lo stesso Giovanni Fontana che concede: “Il razzismo contro l’islam non esiste, né esiste quello contro il cristianesimo, perché islam e cristianesimo non sono razze: sono sistemi di pensiero con cui ognuno di noi può decidere di essere d’accordo, oppure no”. Benissimo, ma non abbiamo cominciato a parlare di razzismo perché abbiamo voluto intravvederlo a tutti i costi in una parola che – come si è fin qui cercato di dimostrare – non lo implica? E allora, di che parliamo?
Possiamo concordare sul fatto che “essere contro l’islam non vuol dire essere «contro i musulmani», per la semplice ragione che – per fortuna – le persone sono molto più che una sola cosa: possiamo non essere d’accordo con le convinzioni politiche dei nostri amici, senza per questo rifiutarli del tutto. Tanto più che l’Islam è composto di almeno tre cose: la Sunna, quindi il Corano e gli Hadith; la tradizione della legge islamica, la Shari’a; e le persone che ci vivono dentro. Si possono considerare infondate, sessiste, violente, le idee espresse nelle prime due senza estendere questa valutazione a coloro che queste idee decidono di ignorarle”. Perfetto, perfettissimo. Proprio perciò il termine islamofobia può essere validamente usato: indica l’errore culturale e politico, indotto dal cedimento al pregiudizio (non necessariamente razzistico) che l’individuo si esaurisca nel complesso identitario di storia-religione-cultura che caratterizzano la comunità nella quale gli è capitato di nascere.
L’islamofobia esiste, ed è una malata reazione all’islam, che può essere criticato e rifiutato – in parte o in toto – senza alcun ricorso a procedure di natura fobica. Esiste anche la cristianofobia? Certo, ma non è quella di chi critica e rifiuta il cristianesimo con argomenti. In tal senso, l’uso che alcuni cristiani fanno del termine è specioso e strumentale nel tentativo di eludere gli argomenti di critica e le ragioni del rifiuto. I satanisti, per esempio, sono cristianofobi e, come gli islamofobi con l’islam, non hanno argomento contro il cristianesimo che la loro patologica e irrazionale avversione. E anche in questo caso il razzismo c’entra poco o niente.  

3 commenti:

  1. Clap clap clap! Un punto in più per Malvino, 10 in meno a Fontana

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  2. @ Andrea
    No, no, così non va bene. Non si tratta di una gara, ma di chiarirsi su termini e accezioni. Giovanni, poi, è uno dei blogger che più stimo.

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  3. Lo dico perché tu hai smontato una sua argomentazione sbagliata, arrogante. Trovo Fontana che con la sua smania di essere mangiapreti, mangiaimam, mangiarabbi etc abbia uno scarso senso della libertà di culto e una scarso rispetto della libertà di culto degli altri, e pieghi le argomentazioni alle sue convinzioni. Mi pare che per lui qualsiasi musulmano, oltre a essere un indottrinato sottomesso, sia anche un indottrinatore che sottomette. Questo mi traspare dai suoi post sull'islam.

    Oltretutto ieri sera ho leggevo questo blog http://www.guardian.co.uk/commentisfree/andrewbrown/2010/dec/17/wikileaks-israel-shamir-russia-scandinavia

    e riportava questa frase di Israel Shamir, controverso personaggio.

    Antisemitism is an invented concept without any real meaning. I don't believe antisemitism exists at all. In the Jewish religion it is an article of faith that Jews and gentiles must hate one another. That's where so-called "antisemitism" comes from. It is a Jewish article of faith. I have met many so-called "anti-semites" and I haven't found a single one of them who hates Jews. I agree with Joseph Sobran, who said that an anti-semite is not someone who hates Jews, but someone whom the Jews hate. Most people don't care at all about Jews, let alone hate them. But, as I say, the idea that gentiles nurture a hatred of Jews is a Jewish article of faith, and has nothing to do with reality.

    In un certo senso ho ritrovato un parallelismo rispetto a quello che scrive lui.

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