mercoledì 5 ottobre 2011

Una cover

Trovando piene di buon senso le sue ragioni, avevo promesso a un mio affezionato lettore di non interessarmi più di Mario Adinolfi: “Mi pare un personaggio sin troppo privo di autorevolezza, fascino, seguito e spessore per meritare attenzione – mi diceva Rocco Maggi – specie da parte sua”. Ho mantenuto la promessa e ho evitato di intrattenermi sulle sue trivialità omofobe su Facebook, sulla sua uscita da un partito in cui non ha mai contato più del sei di picche, sulla grama fine di The Week, ecc. Mio malgrado, però, devo tornare sul personaggio, anche stavolta per accontentare un mio lettore, altrettanto affezionato. Nicola Bergonzi, infatti, mi informa del “lieto fine” al quale è giunta l’ultima avventura del personaggio sulla quale mi sono intrattenuto, quella dell’aggressione da lui subita lo scorso 8 gennaio.
Occorre rammentare che Adinolfi aveva cercato di spacciare una banale lite per motivi di viabilità (cinque o sei ragazzini in motorino gli avevano dato del “ciccione” provocandogli lesioni guaribili in un quarto d’ora) come un vile agguato dai molto nascosti risvolti politici, per lui evidentissimi: “Sabato sera – aveva detto – Blob ha rimandato in onda la scena, tratta da Agorà su Raitre, in cui il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, si augura platealmente che io venga picchiato. Tre ore dopo è stato accontentato. […] Tutto questo credo ci costringa una riflessione sul punto a cui è arrivata la conflittualità nel paese, la tensione tra noi, rompendo gli argini della civile convivenza. Non siamo agli Stati Uniti, dove sui siti di destra si indicano gli obiettivi, poi arriva il ragazzino pazzo che spara in testa alla deputata. Ma siamo in un clima simile e se non ce ne rendiamo conto in tempo, poi sarà troppo tardi. È un impegno che prendo io per primo, con i segni in faccia di un’aggressione incomprensibile. O, forse, comprensibilissima”. Due o tre settimane prima, insomma, aveva avuto uno scazzo in tv con Alessandro Sallusti e ora insinuava che l’aggressione fosse maturata in seguito a quell’episodio: una vittima della violenza fascista, una specie di Matteotti, una roba che, a volerci credere, sarebbe stata degna della unanime commozione.
Di oggi è la nuova – naturalmente resa pubblica dallo stesso Adinolfi – che la querela è ritirata: “Quando è stato il momento di firmare alcune scartoffie, il ragazzo che con il suo branco di bulletti mi ha preso a cascate in faccia, ha impiegato due minuti buoni per ogni firma, vergata con la grafia di un bimbo della seconda elementare... E allora ho capito molto, mi si è stretto il cuore e ho rimesso la mia denuncia nei suoi confronti”. Che carino, che gran cuore. Una cover di Vasco Rossi, più o meno.

2 commenti:

  1. OT: "The Week" era talmente importante per l'editoria italiana che sul web non ho trovato neanche un accenno alla chiusura delle sue pubblicazioni, a parte un post di Francesco Nardi. Non vorrei sbagliare, ma Adinolfi anni fa fondò persino un quotidiano, anch'esso volatilizzatosi nel volgere di poche settimane.

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  2. adinolfi ha capito che non poteva querelare uno che ci mette lo stesso tempo suo a ricordarsi come si chiama. Cane non mangia cane

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