giovedì 24 novembre 2011

“Umanesimo forte”

A me sembrano perennemente impegnati a dividersi su ogni questione, su quelle centrali e su quelle marginali, ma può darsi sia solo una mia impressione, e dunque chiedo a voi: vi risulta che nel Pd ci sia unanimità su qualcosa? Sbaglio o di regola si spaccano su tutto? Si tratta del fisiologico confronto tra opinioni, che non bisogna stupirsi di constatare così spesso antitetiche in un partito felicemente giunto alla maturità post-ideologica, o si tratta del normale scannarsi tra tizi che non hanno niente in comune, costretti a stare assieme sotto la stessa bandiera? Chissà. C’è da prendere atto, tuttavia, che «da noi – dice Pierluigi Bersani – è in corso una ricerca per trovare una comune base prepolitica, che io chiamo di “umanesimo forte”, che aiuti l’uomo ad essere più umano in politica».
Delle due, una: o si tenta di dare un’ideologia a un partito felicemente giunto alla maturità post-ideologica per sentirsene infelicemente privo o si cerca l’ennesima conciliazione tra quanto di ideologico si rivelò già inconciliabile nel tentativo di compromesso tra Dc e Pci. In questo caso, “umanesimo forte” sarebbe sinonimo gentile di quel cattocomunismo che Giordano Bruno Guerri genialmente definì come “disgrazia che non è né comunismo né cattolicesimo, ma ha molti difetti di entrambi”; sennò sarebbe l’immagine speculare della chimera degasperiana del “centro che guarda verso sinistra, una “sinistra che guarda verso il centro” nella convinzione rodaniana, opportunamente aggiornata, che “si può entrare nel partito comunista ma essere completamente cattolico sul piano religioso e completamente comunista sul piano politico”.

Arrivo al virgolettato di Pierluigi Bersani che ho riportato sopra grazie a una segnalazione di Alessandro D’Amato: unAsca del 18 novembre che riporta alcune frasi che il segretario del Pd ha pronunciato all’VIII Convegno Nazionale di Scienza & Vita, l’associazione che è stata il ferro di lancia di Camillo Ruini ai tempi del referendum sulla legge 40/2004. Frasi che estrapolate dal contesto tornerebbero buone per due o tre battute sarcastiche: «Io sono un appassionato del pensiero di Ratzinger... Ho apprezzato oggi la lectio magistralis del cardinal Bagnasco che non mi permetto di commentare... I valori su cui si regge una società non possono essere relativi...  L’uomo non è un rampicante e non è un sasso nello spazio...».
In realtà, ascoltando tutto l’intervento del segretario del Pd, si scopre che queste frasi sono solo carinerie di contorno al tentativo di blandire la rigidissima posizione di non negoziabilità che la Chiesa di Roma ha assunto sui temi di natura bioetica, che non consente al Pd di cercare consensi al centro senza perderli a sinistra, anche se la crisi del centrodestra lo consentirebbe. Il fatto è che le carinerie sono niente rispetto a ciò che Pierluigi Bersani sembra disposto a concedere, pur mantenendo ferma, almeno in apparenza, la pregiudiziale laica. In poche parole, il Pd sembra essere disposto ad accettare in pieno la tesi ratzingeriana della necessità di una morale irrevocabile alla base del diritto. Peggio ancora, sembra disposto a riconoscerne la natura trascendente. Ridicolo e tragico insieme è che ritenga questa svendità della laicità dello Stato accettabile dai credenti e dai non credenti. L“umanesimo” che dovrebbe essere la comune base prepolitica del Pd sembrerebbe dover essere “forte” della stessa pretesa che in ultima analisi rende ogni religione incompatibile con la democrazia. 

6 commenti:

  1. a me risulta da fonte certa che perfino tra i dipendenti del pd c'è ancora una divisione tra ex-ds ed ex-margherita. nel trattamento economico, nella divisione degli spazi, nelle posizioni su come gestire le cose e i tempi.
    non stupisce che la fusione a freddo non abbia funzionato anche nelle idee (idee?) politiche.

    RispondiElimina
  2. Una cosa sola hanno in comune: l'assoluta incapacità di guardare oltre il proprio ombelico.

    RispondiElimina
  3. Ma come? Lei non è d'accordo sul fatto che cattolicesimo e marxismo abbiano fatto solo del bene al nostro paese? Eppure, Anskij ed io lo diciamo da tempo: sono due culture che han fatto solo del bene all'Italia. Rifletta, La prego.
    :-D
    Stia bene.
    Ghino La Ganga

    RispondiElimina
  4. COME SI PUò CHIAMARE DEMOCRATICO un partito che si genuflette ai poteri ed alle corporazioni d'ogni sorta? Che manda bigliettini al nuovo capo, che tenta d'ingraziarsi la monopolista dell'area religiosa, che in vent'anni non ha proposto nulla di alternativo alla banda di pagliacci e furfanti che stava al potere...

    RispondiElimina
  5. Lo ripeto da anni, ormai, il problema nasce dagli inizi.
    Invece di imbarcare la sinistra DC, invece di sponsorizzare IdV, forse, era meglio cercar di creare un "normale" partito laburista (o lib/lab?) con gli ex socialisti e radicali. Forse non si sarebbe ottenuto un "golem" onnicomprensivo, forse il partito sarebbe stato, inizialmente, piú piccolo, ma, anche piú coeso, con la possibilitá di ricevere consenso da un ampio spettro di elettori.

    RispondiElimina
  6. "vi risulta che nel Pd ci sia unanimità su qualcosa?"
    Sì, una: tutto—anche la sconfitta, anche la morte—tutto, fuorché la sinistra.

    Sono in troppi a credere che il problema fosse e sia dire qualcosa di sinistra, ignorando del tutto la vera questione, che era ed è *fare* qualcosa di sinistra.

    Ecco: non ne hanno mai avuta l'intenzione. E chissà che non abbiano capito che quel dieci, quindici percento (se non più) di elettori a cui hanno rinunciato una volta e per tutte, smettendo di dire cose di sinistra, aveva quel prezzo: che per tenerseli, toccava farle, le cose.
    Bisogna tener conto del fatto che non si tratta soltanto di elettori, ma di molto di più: persone disposte a investire moltissimo tempo, e non poco denaro, nell'appoggio al partito, in qualsiasi forma e modo; a patto, però, che almeno una promessa su cento, almeno una volta su mille, venisse mantenuta.

    Negli anni novanta, Bertinotti deve aver vissuto come un incubo il paradosso in cui si trovava: poteva avere tantissimi voti, e una base di militanti ancora vasta e forte, che però perdeva appena si avvicinava al governo, così che ogni tanto doveva uscirne, per tornare a recuperarla.
    Secondo me, pensava: a che cazzo serve un potere così?

    Veltroni ha deciso che non ne valeva la pena. Bersani la pensa uguale.

    RispondiElimina