lunedì 10 settembre 2012

Liberalism in 25 minutes

Una conferenza di Giulio Ercolessi. 

1 commento:

  1. Mi sembra un'esposizione seria e onesta, proprio perché mette in luce, fin dalle prime righe, l'assunto centrale del liberalismo, che ne costituisca anche il punto critico:
    The “property in his own person”, that was first meant for the male, adult, white, well-to-do, protestant, heterosexual, able-bodied, native citizen, is now the more and more obvious domain of universal rights.
    Ecco, credo che il tema sia questo: l'estensione della proprietà di sé come diritto universale di ogni essere umano non è il prodotto del liberalismo classico né di quello anglosassone, ma di un illuminismo di diverso stampo, quello francese, e forse anche quello kantiano.
    In altre parole, di quella visione del mondo che considera come primo e inviolabile attributo umano la libertà e non la proprietà, ossia la facoltà di agire piuttosto che la disponibilità di un dominio esclusivo.
    In fondo, la grande dialettica all'interno del pensiero moderno mi pare che si situi tutta qui: da una parte, l'idea che il proprio, ossia l'individuo atomico, sia il fulcro del sociale, dall'altra quella che il sociale, ossia il collegamento tra soggetti storici (la marxiana Gattung, insomma), sia la sola condizione per l'individuale.
    Come ogni problema autenticamente filosofico assomiglia a quello dell'uovo e della gallina, e da entrambe le parti sono possibili uscite metafisiche: l'idea di un individuo esistente fuori dalla società (da quell'insieme dalla cui articolazione e suddivisione soltanto si può arrivare al non ulteriormente divisibile, alla coscienza singola che però, in quanto autocoscienza, è sempre riferita ad altro) o l'idea di un corpo sociale come totalità a sé stante, superiore e radicalmente altra dall'insieme dei singoli che la compongono. Non credo sia necessario ricordare che entrambe queste uscite producono disastri.
    Vorrei invece far presente che proprio l'approccio pragmatico di Ercolessi richiede un continuo e approfondito esercizio di critica teorica, non soltanto nella questione cruciale del rapporto tra liberalismo e libero mercato, tema che viene enunciato ma non affrontato nel testo in questione, ma per capire, più in profondità, quali sono i criteri di definizione di società e individuo e quanto la stessa definizione di individuo, lungi dall'essere il portato di una semplice evoluzione storica, sia invece il prodotto di una continua dinamica sociale.
    Se si condivide la definizione proposta di liberalismo come "liberalism is a theory of the ends and a theory of the means: maximising individual freedom and self-determination, mainly through the instrument of the legal limitation of all powers", allora bisogna essere sempre in grado di storicizzare tutti i termini e di coglierne, proprio nella loro pragmaticità, la forma sociale.
    Per mettere la questione in altri termini: condivise tutte le critiche a Croce, uno che aveva studiato Hegel capendone poco, non sarebbe forse il caso di interpretare le questioni liberali a partire da Gramsci, dalla sua filosofia della prassi, intesa non come adattamento tattico all'esistente ma come impostazione strategica per una teoria capace di evitare le trappole della metafisica?

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