lunedì 25 aprile 2016

Allora dieci, cento, mille Davigo

Vorrei parlare dellintervista che Piercamillo Davigo ha concesso ad Aldo Cazzullo (Corriere della Sera, 22.4.2016), ma mi sono indispensabili due premesse, senza le quali temo sarei pesantemente frainteso. Non escludo affatto che sarò frainteso lo stesso, ma premettere quanto segue mi farà sentire con la coscienza a posto. Cercherò di essere breve.
Tempo fa, su queste pagine, scrivevo che «la caricatura del giustizialista è un gioco da ragazzi», mentre col garantista è molto più difficile. La maschera del giustizialista è «ciliosa, biliosa, ha labbra strette, reca lo stampo di un cruccio perenne che si stempera in un malvagio sorriso di soddisfazione, sempre spietata, solo quando vede il cappio stringersi al collo del colpevole, anche quando è solo presunto tale», ma comè, mi domandavo, «la maschera del tizio che pretende sempre tre gradi di giudizio per dire colpevole chi è colto in flagrante, e che dinanzi all’intercettazione telefonica nella quale un criminale si autoaccusa di un delitto solleva la questione se mettergli la cimice sia stato lecito, e che riesce sempre a trovare un diritto negato a ogni fetente della peggior risma, e più fetente è, più sembra andare in brodo di giuggiole a trovargliene uno da spendersi per garantirglielo?». Bene, direi che unottima caricatura del garantista ci è stata offerta da quanti hanno reagito allintervista di Piercamillo Davigo cadendo in convulsione isterica.
Seconda premessa. Suonerà patetico, so bene, ma io continuo a credere nella democrazia e nel liberalismo. Ormai sono irriconoscibili, non c’è bisogno di farmelo notare, concedo che negli ultimi trent’anni abbiano dato il peggio, finendo per dar ragione perfino a chi afferma che siano impossibili in assoluto e incompatibili l’una all’altro. Ci sarà chi mi vorrà convincere che il guasto è intrinseco alla loro stessa natura, e anche qui io non solleverò obiezioni: basta un niente, e la democrazia si svuota per lasciar di sé al massimo la forma, pronta a riempirsi di orribili schifezze, e così il liberalismo, che troppo spesso offre spiragli a tutto ciò che è illiberale, finendo per tollerare, come unica diversità, la diseguaglianza. Non farò come i marxiani, che in nessuno degli esempi offerti dalla storia riconoscono il vero socialismo (altra cosa dai marxisti, che spesso si accontentano anche del peggio), né farò come i cristiani, che per la comprensione di quanto sia perfetta la creazione rimandano a quanto ci sarà rivelato dopo la morte, ma solo se da vivi ne sopportiamo i difetti e rinunciamo a metterci mano: democrazia e liberalismo sono solo metodi, non reggono in virtù di una teoria che gli dà un fine ultimo, né tanto meno reggono sulla forza di una fede che sospenda il giudizio sui dati dellesperienza. Democrazia e liberalismo reggono solo sul rispetto delle leggi che ne impediscono il fallimento, e nulla più della corruzione lo favorisce: con la corruzione che alimenta linteresse personale nell’adempimento di una funzione pubblica, il principio della rappresentanza viene minato alla base; con la corruzione che altera la misura del merito nelle dinamiche della libera concorrenza, il mercato diventa un tritacarne. Lassassino ne uccide uno, due, dieci, cento, ma il patto tra corrotto e corruttore ferisce tutti.
Vabbè, volevo essere breve, e non ci sono riuscito. Vorrà dire che invece di analizzare frase per frase ciò che Piercamillo Davigo ha detto ad Aldo Cazzullo, mi limiterò a considerare solo il passaggio che ha sollevato più polemiche: «Non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: “Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare”. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti».
È sembrato fosse unodiosa generalizzazione, laffermazione di una presunzione di colpevolezza per tutta la classe politica italiana. Impressione errata, a mio modesto avviso. Volutamente errata, forse, nel tentativo di far quadrato contro quello che così potesse essere denunciato come il tentativo di una generale condanna preventiva. Sta di fatto che allappello hanno risposto solo i partiti che hanno fra i loro eletti il maggiore numero di indagati, rinviati a giudizio e condannati in primo grado o in via definitiva, con ciò dando conferma di quanto il presidente dellAnm aveva detto appena due giorni prima, e proprio a smentire ogni insinuazione di vulnus al diritto: «La presunzione d’innocenza è un fatto interno al processo, non c’entra nulla coi rapporti sociali e politici» (Il Fatto Quotidiano, 20.4.2016). La responsabilità penale è personale, certo, ma, dinanzi al reato come costante sistemica, cè una responsabilità politica che è di sistema, ed è in tale sistema che «non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti». Quando la classe politica non è in grado di darsi strumenti per prevenire la corruzione, prima, ed emarginare i corrotti, poi, è colpevole: contro la democrazia, contro il liberalismo. Quando in favore dell’indagato, dell’imputato, del condannato, se appartenente alla classe politica, la garanzie diventano guarentigie, il garantismo diventa una maschera, anche parecchio grottesca. Allora dieci, cento, mille Davigo.

26 commenti:

  1. La frase «La presunzione d’innocenza è un fatto interno al processo, non c’entra nulla coi rapporti sociali e politici» va mandata a memoria. Naturalmente, sarebbe non solo iniquo, ma anche sciocco riferirla solo ai politici. Va riferita a qualsiasi gruppo sociale portatore di interessi comuni che vive nella e dell'omertà dei suoi componenti. I primi che vengono in mente sono gruppi geograficamente definiti (chi legge intende). Ma ce ne sono molti altri, funzionalmente definiti. Accanto ai politici, abbiamo per esempio i gruppi dei pubblici dipendenti. Poi ci sono i preti. Gli immigrati, suddivisi per etnia, sono a buon diritto nella lista, che del resto ognuno può integrare in base alle sue personali esperienze e simpatie.
    Nel complesso, ritengo che i c.d. "politici" vivano una fase discendente della loro parabola di potere e quindi di malaffare. La loro acquisita debolezza è dimostrata dai facili attacchi concentrici, che configurano, nel loro complesso, una manovra diversiva. Poiché il vuoto non esiste, lo spazio lasciato libero viene occupato dalla burocrazia.

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  2. Sono la democrazia e il liberalismo a non credere più in noi

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  3. Niente da aggiungere. Perfetta anche la punteggiatura.

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  4. Vincenzo Maria Dimitrilunedì, 25 aprile, 2016

    Ho letto sul blog di azioneparallela un post sul medesimo argomento, ma di segno opposto. Vi leggo entrambi con piacere, mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero su quel post che personalmente trovo abbastanza vergognoso. Se puoi,se vuoi.

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  5. Perdoni, ma se per criticare le caricature dei garantisti devo lodare la caricatura di un giustizialista, allora il gioco non fa per me.
    Stia bene, sempre utile passa di qua.
    Ghino La Ganga

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    1. Lei non deve lodare alcunché. E poi non è un gioco. Si tratta solo di scegliere: se la corruzione è sistemica, la magistratura può sollevare la questione, non già in sede processuale, ma nel dibattito pubblico al quale ogni cittadino è ammesso?

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    2. Senz'altro potrebbe, ed a buon titolo, se a farlo non fosse un suo primario rappresentante ridotto a caricatura anch'esso.
      Al pari di molti suoi colleghi di grado inferiore, va aggiunto.
      Stia bene.
      Ghino La Ganga

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    3. Io però avrei evitato di farlo all'indomani della mia elezione come presidente dell'ANM, avrei aspettato la prima norma porca del governo e/o parlamento. Diciamo che sarebbe passato qualche giorno in più.

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    4. Solo per far notare che Davigo dice e dice le stesse cose da più di vent'anni.

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  6. Naturalmente ciascuno è libero di credere in quello che vuole, anche quando fa fatica a riconoscerlo. Basta il battito d’ali di un Morfo Blu in Brasile e la democrazia in Italia si svuota e si riempie di cacca. Dire liberalismo, però, è forse come dire marxismo, e dentro ci si può trovare un po’ di tutto. Ad esempio Tocqueville vede nella tragedia dei pellerossa un misterioso disegno provvidenziale, e poi <>. Ma i marxiani per riconoscere in qualche esempio offerto dalla storia “il vero socialismo” dovrebbero forse essere costretti con la forza a modificare le definizioni di Marx? Il quale Marx, peraltro, usa solo la parola comunismo e non ha mai avuto granché voglia di scrivere ricette per l’osteria dell’avvenire? Se le cose fossero messe così mi sa che l’utopia marxiana non sia poi tanto diversa dall’utopia della democrazia (della “vera democrazia”) e del liberalismo, pur ridotti al rispetto delle leggi. Al riguardo la Costituzione italiana (la più bella del mondo!) mi pare offra un buon esempio: Quante iniziative economiche private (e anche pubbliche) non si svolgono in contrasto con l’utilità sociale e senza recare danno ecc. ecc. (art. 41)? E la democrazia e il liberalismo degli ’50 e ’60 erano forse tanto meglio?
    È sempre un piacere leggerla.
    mario schena

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  7. " avrei aspettato la prima norma porca del governo e/o parlamento. Diciamo che sarebbe passato qualche giorno in più."

    Pochi, davvero pochi giorni in più.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/26/stefano-graziano-indagato-i-pm-favori-al-clan-zagaria-per-ottenere-appoggi-elettorali-dalla-camorra/2672745/

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  8. Sai che bello se si potessero conoscere le telefonate che portano alle elezioni prima in M.I e poi dopo l'uscita da quel sindacato, all'A.N.M.
    Rogra

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    1. @Rogra:
      Ci sarebbe anche da riflettere sul fatto che alle elezioni di Marzo, per il rinnovo del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM, l'intento era di ridurre il peso delle correnti, poi si sono presentate 5 liste:
      http://www.associazionemagistrati.it/allegati/scrutini-liste-sito--18032016.pdf
      Chissà uno cosa deve pensare.
      State bene.
      Ghino La Ganga

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  9. Che la spartizione dei capi delle procure è finita a pesci in faccia.Che la guerra tra Davigo e Cosimo Ferri in M.I.viene trasferita su un altro palcoscenico.Che sono come i Gremlins quando toccano l'acqua:si moltiplicano e diventano sempre più mostruosi.
    Rogra

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  10. Mi scusi Dotto', ma se la corruzione è sistemica, da quand'è che la magistratura non farebbe parte del sistema?
    Luigi

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  11. la tragedia italiana sta tutta nel fatto che un analfabeta come antonio di pietro, eterodiretto da fuoriclasse da/del concorso pubblico, abbia detronizzato uno come gardini raul.
    per diminire la corruttela (così citiamo quell'altro genio) bisognerebbe diminire il budget in mano alla politica. meno budget meno stecche. meno davighi in versione sociologo.
    con spesa pubblica al cinquanta per cento del pil girano stecche anche sulle puntine della procura di milano.

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  12. Malvino dixit e retoricamente chiese : "...la magistratura può sollevare la questione, non già in sede processuale, ma nel dibattito pubblico al quale ogni cittadino è ammesso? .... "
    NO !

    azzilandro

    azzilandro

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    1. Sa segnalarmi quale sia l'articolo di legge che lo vieta?

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  13. la stessa legge, senza articolo a cui rimandarla eccellentissimo Malvi' , per cui un politico dovrebbe evitare di commentare una sentenza di un giudice; la legge dell' efficienza di un sistema giuridico - politico commplesso come quello delle democrazie liberali; per dirla in maniera piu chiara la legge dell' ognuno faccia il suo mestiere.

    Quindi per rispondere alla sua seconda domanda retorica Malvi': non c'è articolo di legge che lo vieta, ma "partecipare" al dibattito pubblico da quello sulla formazione delle leggi a quello sui "costumi" della ns società li rende "parziali", "
    faziosi" portatori di opinioni, espresse comunque fuori sede;
    un giudice e un pm che dispongono del bene assoluto della libertà dell'individuo devono parlare con buone indagini e buone sentenze.

    TRa l' altro Malvi', si vada a leggere certi dispositivi di certe sentenze, più che giudici sembrano sociologi...

    Se volessi provare in sede di dibattito intellettuale, i danni del grillismo sulle ns migliori menti, tra cui volentieri annovero Lei, mi basterebbe segnalare l' evoluzione dei suoi post da malvinouno a malvino due.

    Ma i dibattiti intellettuali mi hanno rotto il cazzo

    azzilandro

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    1. Lei è uomo al passo col tempo, gentile Azzilandro, quindi non mi stupisce che l'uso degli argomenti la infastidisca, perché il tempo li ha condannati come noiosi, superflui, d'impaccio al fare per fare. Non so darle torto: ragionare è un accessorio che fa a cazzotti con la mise oggi di moda. Non capisco, allora, perché si ostina a provarci: non s'avvede che il risultato è scadente? Lei dice che le sentenze non si commentano: mi consenta di dirle che è una cazzata. Le sentenze si rispettano, ma si commentano, eccome. Così per la magistratura: non può scrivere le leggi, deve applicarle così come sono, ma può ben esprimere un giudizio a riguardo. Si figuri che esiste perfino una sede istituzionalmente qualificata nella quale la magistratura dà un giudizio sull'operato del legislatore: la Consulta, quella che boccia le leggi che non avrebbero mai dovuto essere scritte. Lei, probabilmente preso dall'orgasmo dell'invettiva, voleva dire che i giudici non devono esprimere giudizi su singoli casi, a meno che non siano processualmente competenti, e anche in questo caso in ossequio ai limiti procedurali, ma mi segnali un solo passo dell'intervista che Davigo ha concesso a Cazzullo nel quale è espresso un giudizio in merito a un processo in corso. Quando Cazzullo chiede a Davigo un parere sul caso che ha esitato con le dimissioni del ministro Guidi, il presidente dell'Anm si rifiuta di darlo (motivo: potrei essere il giudice che dovrà affrontare il caso in Cassazione e non vorrei essere recusato). "I giudici sembrano sociologi", lei dice, riferendosi alle motivazioni delle sentenze. E cosa vuole che guidi l'interpretazione della legge, se non ciò che ne è ragione in funzione al rapporto che statuisce tra individuo e individuo, e tra individuo e collettività? Vorrebbe - allo stesso tempo - che la sentenza scendesse dall'alto dei cieli e rimanesse sospesa sei spanne sopra la società? In quanto al fatto che io sarei affetto da grillismo, mi astengo dal mandarla a cagare, ma sappia che l'intenzione c'era fin dall'inizio. Direi non le faccia onore banalizzare le ragioni altrui e appiccicarci sopra delle etichette di comodo.

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    2. Un commento che in parte potrebbe rispondere ad altri sopra, oltre che ad azzilandro. Mi pare che Malvino ponga l'enfasi sulla caricatura del garantista, più che sull'opportunità delle parole di Davigo. Certo, egli è dell'opinione che abbia avuto titolo per pronunciarle, ma la tesi principale ne prescinde chiaramente: l'isteria ha contagiato le parti in causa. Chiamerei questo fenomeno il garantismo per interesse partecipato: portandolo ad un caso estremo, apparterebbe alla categoria di garantismo cui si appellerebbe un appartenente ad una cosca nel criticare le parole rilasciate in un'intervista da un giudice antimafia che avesse osato descrivere il modus operandi delle cosche come connaturato alle stesse.

      Addolcendo il paragone, potrei pensare ad un rappresentante di arbitri di Serie A che spiegasse in un'intervista: "arbitrare è diventato difficilissimo, poiché la simulazione non è stigmatizzata nell'ambiente ed anzi è incoraggiata dagli allenatori, sin dalle categorie giovanili. È così che un arbitro talvolta si trova a dover presumere la simulazione e fischiare il calcio di rigore solo quando avesse certezza più che assoluta del contatto, piuttosto che il viceversa". Qualcuno, a torto o a ragione, potrebbe sottolineare l'opportunità tecnica del commento, ma penso che pochi si schiererebbero contro quelle parole -nel modo in cui invece avviene se si parla di reati della politica- invocando i principi del garantismo (verso chi, poi: una categoria impersonale?). In questo contesto, la caricatura del garantismo si materializzerebbe nell'isterico scomporsi dei presidenti e allenatori di quelle sette o otto squadre che, nel corso della stagione corrente o di quelle passate, avessero già visto nelle proprie fila uno smodato numero di attaccanti colti nel buttarsi olimpionicamente in assenza di applicazioni di forze: gesti ben distribuiti vuoi tra chi è stato ammonito, vuoi tra chi è stato beccato solo in seconda sede alla moviola.

      Credo che più o meno quella di questi due esempi sia la caricatura del garantista di cui parla Malvino. È solo che quando si parla di politica il buon senso parte per la tangente.

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    3. Riguardo la partita Del Turco-Angelini (giusto per farle il primo esempio che mi viene in mente) me lo fa il moviolone?
      Cortesemente, Luigi.

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