giovedì 28 luglio 2016

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È comprensibile che la complessità generi il bisogno di semplificare. Per certi versi, e fino a un certo punto, è giusto che il bisogno abbia ristoro, ed è giusto che qualcuno se ne faccia carico, soprattutto se in favore di chi non abbia mezzi propri per difendersi dallo sgradevole stato d’ansia che la complessità infligge a tanti. Lodevole, perciò, lo spirito con quale Angelo Panebianco dev’essersi messo davanti alla pagina bianca per scrivere l’editoriale che ieri apriva la prima pagina del Corriere della Sera, sta di fatto che semplificare è sempre operazione a rischio, e il risultato, in questo caso, illustra quanto possa esser grosso.
«Un paio di islamici radicali va a sgozzare un sacerdote e un’altra persona in una chiesa cattolica francese»: di che si tratta? Guerra di religione, dice Angelo Panebianco: è «guerra santa islamica». Ma allora perché vedere un «salto di qualità» nel passare dal massacro indiscriminato all’«assassinio mirato degli uomini-simbolo dell’odiata cristianità occidentale»? Se con gli ammazzamenti che da qualche tempo insanguinano l’Europa siamo in presenza di un attacco che l’islam ha sferrato al cristianesimo, l’episodio che si è consumato nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvray non segna affatto un innalzamento del livello di offensiva, anzi, c’è da chiedersi perché qualcosa del genere non sia accaduto prima. A considerare, come correttamente Angelo Panebianco non manca di fare, che fino all’altrieri le stragi abbiano avuto per vittime per lo più «atei, agnostici o cristiani di fede molto tiepida», e aggiungeremmo anche musulmani (oltre un terzo fra i morti a Nizza), regge la tesi che tutti questi tragici eventi siano segmenti di offensiva mossa da «cristianofobia»?
No, nel tentativo di semplificare ad Angelo Panebianco dev’essere scappata una stronzata, lasciate che si spieghi meglio: non è una guerra di religione, è uno scontro di civiltà, perché, «pur quasi scomparsa dalla coscienza di tanti europei, forse la maggioranza, la religione cristiana ha comunque forgiato il mondo europeo e occidentale [e] anche se molti europei non possiedono più gli strumenti per comprenderlo, le categorie culturali che essi usano derivano da quella tradizione». Bene, ma allora come si spiega che la gran parte degli autori delle stragi sulle quali l’Isis appone la sua vidima, oltre a non aver mai nemmeno letto il Corano, oltre a non aver mai frequentato una moschea, oltre a non rispettare il Ramadan, a bere alcol, consumare droga, mostrare estrema disinvoltura nella loro vita sessuale, hanno un profilo culturale per nulla differente da quello di tanti altri disperati che sono il vero e proprio scarto sociale della nostra superiore civiltà giudaico-cristiana? Non è più verosimile che l’islam, o almeno quel che dell’islam è utilizzabile allo scopo, sia solo il vestito che attualmente è considerato più elegante per presentarsi a chiedere il saldo delle proprie frustrazioni, dei propri fallimenti, della propria rabbia?
Angelo Panebianco non lo esclude, anzi, concede che chi «si vota all’assassinio di persone inermi sia affetto da gravi tare», non diversamente da «colui che entrava nelle SS per il gusto di commettere omicidi o [da]l bolscevico che scannava contadini ricchi o tutti quelli che il Partito definiva nemici, o [dal]la guardia rossa impegnata in azioni criminali per conto di Mao Tse Tung», ma questo – dice – «non permette di occultare il rapporto fra le loro azioni e il totalitarismo». Certo, ma non varrebbe la pena di definire meglio questo rapporto? Se è vero, infatti, che «dire che il tale o talaltro jihadista ha problemi mentali non consente di negare il legame che c’è fra la sua azione e la guerra dichiarata dall’islamismo radicale contro l’occidente», è chiarire la natura di questo legame che consente di appurare se davvero quel che assume il connotato di «islamismo radicale» sia primariamente interessato a colpire l’occidente o piuttosto non si serva del terrore che semina nelle città europee per farsi forte nella resa dei conti con le opposte fazioni che in seno alle società di tradizione musulmana hanno preso corpo dopo la destabilizzazione dell’area che dalla Tunisia si estende fino al Pakistan, riprendendo i tratti delle antichissime contese che periodicamente si scatenano in seno all’islam a copertura di contese che per posta in gioco hanno da sempre il controllo di territorio e risorse economiche. O davvero vogliamo far finta che a muovere fenomeni di tali dimensioni possano essere contenziosi tutti teologici? Possibile che, pur di semplificare, Angelo Panebianco non riesca a trovare una formula diversa da quella cara a Oriana Fallaci, a Magdi Cristiano Allam e a Giuliano Ferrara? A quanto pare, è possibile. Anche a lui – soprattutto a lui, almeno lui ha studiato – occorrerà concedere che non accada in malafede. D’altra parte, quanti lucidissimi cervelli hanno pisciato dinanzi a quello che non si era mai visto prima?
Certo, qualche sospettuccio viene: se non di malafede, almeno di una certa qual pigrizia intellettuale. Perché, a suo dire, non essere convinti che quanto va accadendo non possa trovare altro paradigma che quello dell’assedio di Vienna sarebbe segno che si è «impantanati nelle trappole del politicamente corretto». Argomento che palesemente sembra voler eludere il merito della questione, per giunta trascurando la pacifica evidenza che porre la questione di quanto la religione e la cultura siano mere sovrastrutture di fenomeni e processi che, seppure solo se e quando si riesca a enuclearli dalle passioni in cui sono avvolti, immancabilmente rivelano tutt’altra natura non è affatto far loro omaggio, anzi.

10 commenti:

  1. Il mito politico-religioso del califfato e l'abolizione delle distanze ci portano alla presente crisi. Condivido quanto sostiene Giorello: possiamo attaccare l'entità statale insediatasi in Siria e Iraq,abbattendo le pretese regali del presunto califfo.

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  2. Marx analizzò il mito di Napoleone III: il conflitto sociale e il mito politico di Napoleone I hanno permesso a un mediocre di governare per vent'anni la Francia.Crollò con Sedan , con la disfatta militare.

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    1. gli interessi di una parte decisiva della società francese che viveva alle spalle del proletariato e che continuò a farlo anche dopo Sedan alleandosi coi prussiani.
      Fu proprio Marx ad aver scoperto per primo la grande legge dell'evoluzione storica, la legge secondo la quale tutte le lotte della storia, si svolgano sul terreno politico, religioso, filosofico, o su un altro terreno ideologico, in realtà non sono altro che l'espressione più o meno chiara di lotte fra classi sociali; secondo la quale l'esistenza, e quindi anche le collisioni, di queste classi sono a loro volta condizionate dal grado di sviluppo della loro situazione economica, dal modo della loro produzione e dal modo di scambio che ne deriva.

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  3. E comunque, ieri hanno espulso dall'Italia due presunti reclutatori dell'ISIS. Nella perquisizione a casa loro hanno trovato cocaina e bilancini.
    Non ci sono più i salafiti di una volta: Bin Laden era un terrorista serio, se due dei suoi avessero arrotondato spacciando coca lui li avrebbe sgozzati di persona. Dove andremo a finire, signora Contessa.

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  4. Professor Malvino, mi conceda che se un islamista integralista assassina un prete cattolico in una chiesa, pretendere che la religione non c'entri nulla è quanto meno surreale. Il Corano ha abbondanza di sure che comandano di ammazzare gli infedeli. Il Daesh si definisce "Stato Islamico" e l'Islam è una religione, non una setta che adora i Pokemon. Insomma, è come quando in italia ci si rifiutava di credere che le Brigate Rosse fossero, appunto, rosse.Che poi la religione sia un utile pretesto per mascherare dietro la sua pretesa rispettabilitò odio etnico, razzismo, lotte di potere, avidità, sono d'accordo con lei. Ma il fanatismo religioso è una realtò, negarlo è fare come si crede facciano gli struzzi. I quali, più intelligenti di certi buonisti politicamente corretti umani, se attaccati rispondono.

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    1. Magari qualcuno un giorno mi spiegherà perchè cercare di difendere i pilastri dello Stato di diritto che viene attaccato da 'sti tagliagole viene chiamato 'buonismo'.

      Sì, potremmo incarcerare gente a cazzo e per un periodo indeterminato, potremmo ripristinare la pena di morte, la tortura per farli confessare, levare la libertà religiosa. Saremmo indubbiamente più sicuri. Poi però mi spieghi la differenza tra svegliarsi a Milano o in territorio sotto il controllo dell'ISIS.

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    2. Ci si puo' difendere rispettando lo stato di diritto.

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    3. Per la cronaca sono contrario alla tortura

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  5. Secondo l'Islam, è musulmano chi recita il Tawhid (la "professione di fede") con convinzione, anche una sola volta nella vita: in pratica, una sorta di auto-battesimo. Poi, certo, deve comportarsi da musulmano rispettando le varie regole e precetti.
    La faccenda mi è tornata in mente vedendo come i simpaticoni dell'IS si precipitano a mettere on line i giuramenti di fedeltà dei vari mentecatti che vanno a far danno. A questo punto, mi chiedo: non funziona, nelle loro care testoline, come una sorta di analogia? Il giuramento di fedeltà non è forse una sorta di Tawhid, l'adesione all'IS come una sorta di religione, e gli ammazzamenti successivi la messa in pratica di questa fede?
    Lo dico perché, se fosse così, tutte le questioni sulla conformità o meno dell'IS all'Islam avrebbero ancor meno senso di quanto sembrino averne ora, dato che l'IS stesso si configurerebbe come una religione a sé stante, una sorta di variazione scismatica (benché, come ogni scisma che si rispetti, nel nome dell'ortodossia più rigorosa).

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  6. nel 2004 lessi due romanzi a firma Y.B. (in effetti Yassir Benmiloud): Zero kill e Allah superstar.
    all'epoca li trovai di una luciditá impressionante, a differenza di diversi amici che non ne capivano il senso, trovandoli solo sgradevoli e surreali.
    purtroppo li ho in un qualche baule a 1500km da dove vivo per cui non posso rileggerli e non li ricordo nei dettagli, ma dalla sensazione che mi hanno lasciato mi sento di consigliarli caldamente, direi che non solo siano molto attuali, ma che siano una analisi impietosa e lungimirante del fenomeno del terrorismo islamico, se non li ha letti spero di averla incuriosita, se invece li conosce mi piacerebbe sapere il suo punto di vista

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