lunedì 3 ottobre 2016

Una merda di riforma costituzionale / 1

«Correggere una costituzione
non è impresa minore
del costruirla la prima volta»

Aristotele, Politica IV, 1 (1289 a 5) 



«La costituzione di un paese
non è un atto del suo governo,
ma del popolo che costituisce il governo»

Thomas Paine, I diritti delluomo (1791)



I. Al referendum che si terrà il 4 dicembre gli italiani saranno chiamati a esprimersi su una riforma che modifica più di un terzo degli articoli della Costituzione ai titoli I, II, III, V, VI della sua Parte II.
Già qui mi pare si ponga un problema non irrilevante, quello relativo alla libertà del voto, di fatto negata su ciascuno dei tanti articoli toccati dalla riforma, per lasciare allelettore solo la possibilità di esprimere un parere complessivo su un pacchetto quanto mai disomogeneo nei suoi contenuti, con ciò disattendendo allindicazione più volte espressa dalla Consulta circa la necessità che ogni progetto di legge debba rispettare i caratteri di omogeneità e autonomia riguardo ai contenuti e quello di coerenza riguardo alla loro sistematicità. Non cè da stupirsene, perché ad approvare questa riforma è stato un Parlamento eletto con una legge elettorale poi riconosciuta incostituzionale, e della quale avrà voluto dimostrarsi allaltezza.
Al dubbio sulla legittimità giuridica, se non morale, che un tale Parlamento potesse metter mano a una riforma costituzionale si è soliti opporre il fatto che la Consulta non ha dichiarato illegittimi gli atti legislativi licenziati dalle Camere elette con una legge elettorale che pure dichiarava incostituzionale, ma si dimentica che il principio sul quale si reggeva quella che al buon senso suona come una contraddizione era quello della prorogatio che la Costituzione concede al Parlamento solo al fine di riempire il vuoto che a seguito di nuove elezioni si crea in attesa che vengano convocate le nuove Camere (art. 61) oppure, e perciò espressamente chiamate a supplenza, per la conversione in legge di decreti prossimi a scadenza (art. 77): una prorogatio, dunque, finalizzata esclusivamente al disbrigo di affari correnti, non per darsi tempi e compiti da Assemblea Costituente.
Ma così – si obietta – si sarebbe andati alle elezioni con il proporzionale del cosiddetto Consultellum. Bene, anzi benissimo, quale altro sistema avrebbe potuto rappresentare al meglio tutto il Paese in Parlamento al fine di dare un segno di condivisione ad una nuova legge elettorale e ad una revisione della Carta della quale i partiti politici si facessero esplicitamente promotori col loro programma elettorale? O è da ritenersi più corretto che, sul piano politico, questa riforma sia nata per liniziativa di un partito che non la contemplava nel programma col quale chiedeva voti agli elettori e che, sul piano istituzionale, sia stata promossa da un governo che non si è risparmiato in colpi di mano in Commissione e in Aula per farla approvare in via definitiva da soli 361 deputati su un totale di 630?
Si risponde fosse una riforma non più prorogabile, e dunque non importa troppo come si sia arrivati alla sua approvazione, l’importante è che al più presto venga meno il bicameralismo perfetto, che d’altronde non piaceva nemmeno a Piero Calamandrei, del quale probabilmente si ignora quanto scrisse sulla necessità che un governo si tenga fuori dal processo di revisione costituzionale: «Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana» (Come nasce la nuova Costituzione, 1947).
Date queste premesse, la riforma sulla quale gli italiani sono chiamati a esprimersi il 4 dicembre non si sarebbe dovuta neppure scrivere. Per votare no, potrebbe bastare anche solo questo.

II. Laddove non si considerassero valide le ragioni fin qui esposte, basta rammentare i passi salienti che hanno segnato il suo iter parlamentare, a cominciare dall’impulso datole da Giorgio Napolitano come condicio sine qua non dell’accettare la sua rielezione al Quirinale, che non è esagerato definire una vera e propria mostruosità istituzionale, forse il punto più basso nella storia dell’istituto della Presidenza della Repubblica, peraltro già ampiamente stravolto nel settennato che si era appena chiuso: il Capo dello Stato prendeva un’iniziativa che andava ben al di là delle prerogative assegnategli dalla Carta, sulla quale poneva una vera e propria questione di fiducia al Parlamento, arrogandosi il diritto di poter chiedere al governo di cui avrebbe nominato il Presidente del Consiglio un impegno vincolante in tal senso, per poi spendersi giorno dopo giorno, quasi sempre in forma assai irrituale, come dominus delliter parlamentare.
È il pressing del Quirinale a fare degli esecutivi di Enrico Letta, prima, e di Matteo Renzi, poi, dei governi di scopo, e lo scopo è fissato da Giorgio Napolitano. Il cosiddetto cronoprogramma di Enrico Letta trova perplessità in seno al suo stesso governo con gli interventi critici di Emma Bonino e di Andrea Orlando, che tuttavia non trovano voce in capitolo: «Non ho intenzione di tirare a campare – dichiara Letta – e tra diciotto mesi tirerò una riga: se sulla riforma non c’è nulla, ce ne andiamo tutti a casa». Ma c’è chi scalpita per prenderne il posto, perché non corre abbastanza: «È un incapace», dice Matteo Renzi, intercettato a colloquio telefonico con Michele Adinolfi, generale della Guardia di Finanza, e dopo il noto #enricostaisereno va a chiederne la testa alla Direzione del Pd, che gliela concede.
Ora Napolitano può contare su uno che i cronoprogrammi se li mangia: pronta rimozione dei parlamentari del Pd che avevano espresso qualche riserva nella Commissione Affari Costituzionali del Senato; rimozione del relatore di minoranza, Roberto Calderoli, con una motivazione (il patto del Nazareno si è esaurito) che dovrebbe far rizzare i capelli in testa a chiunque sappia che le procedure di revisione costituzionale non possono essere alterate per congiunture di natura politica; su iniziativa del senatore Roberto Cociancich, una ventina d’anni prima capo-scout di Matteo Renzi, passa un emendamento che annulla il voto segreto su tutte le votazioni che il governo riteneva a rischio; pur di non rivedere il testo della riforma, che avrebbe fatto perdere tempo prezioso, passa nella stesura definitiva della modifica dell’art. 57 la patente contraddizione tra il comma 2 (i membri del nuovo Senato saranno eletti dai Consigli Regionali) e il comma 5 (tale elezione dovrà avvenire in conformità alle scelte degli elettori).
Approvata in via definitiva a tempo di record, ma senza ottenere i voti dei due terzi delle Camere, la riforma si avvia giocoforza al vaglio referendario previsto dall’art. 138 della Costituzione, che Renzi si sente in diritto di spacciare come gentile concessione del suo governo con una motivazione che ha dell’incredibile («l’avremmo indetto comunque»), ma sulla quale è probabile ritiene offesa che si abbia qualche dubbio. In fondo, via, si tratta di un uomo di parola.
Ma sarà il caso di passare al merito della riforma.

[segue]


12 commenti:

  1. "Le elezioni, in sistemi parlamentari, non investono un governo e non consegnano lo scettro a un capo ma definiscono un organo di rappresentanza"
    http://ilmanifesto.info/la-fabbrica-del-vincitore/
    un articolo di Michele Prospero

    "il suo scopo è la vittoria sua e della sua fazione e perciò Renzi impone un conflitto distruttivo permanente, lo stesso della Firenze del Cinquecento"
    http://www.huffingtonpost.it/francesco-marchiano/matteo-renzi-ovvero-del-nulla-nuovo-libro-michele-prospero_b_7198326.html

    RispondiElimina
  2. Dotto', qui siamo in attesa della seconda puntata :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non c'è solo il blog. In questi giorni io e mio figlio abbiamo scoperto Panda Pop, siamo al 268° livello, che ci sta dando qualche problemino.

      Elimina
    2. Se vince il NO l'app store e google play chiuderanno all'istante.

      Elimina
    3. Capisco. Io col mio sono al mondo 9 di Super Mario Bros per Wii, e non ci costa notti insonni solo perché a una certa la madre lo caccia a letto.

      Elimina
  3. A proposito di Napolitano, costituzioni e irritualissime condotte. Chissà quante altre volte è capitato, intendo nella storia delle libere elezioni tenutesi sul pianeta Terra, che un capo di stato abbia fatto valere l'assenza di vincolo costituzionale, per negare l'incarico di formare il governo al capo del partito di maggioranza relativa, nonché candidato 'premier' in pectore, che lo reclamava.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Suppongo lei colga che "reclamare" e "negare" siano del gergo politico, non di quello istituzionale.

      Elimina
    2. Colgo, colgo. E biasimo, ci mancherebbe, innanzitutto le costituzioni, come la nostra, che non inchiodano le mani del capo di stato all'esito delle elezioni. Provvedendogli, tante volte la guida di esercito e CSM non dovessero bastare, anche il potere supercalifragico di ficcare a capo del governo chi più cazzo gli scapriccia - detto in gergo politico.
      D'altro canto, se con Chomsky "La democrazia in Italia è sparita con Monti"(Roma, 2014), non certo perché una costituzione ti consente di far sparire impunemente una democrazia, allora se una democrazia sparisce, il merito è tutto della costituzione. Detto altrimenti: è anche merito del re di Spagna, se l'attuale primo ministro iberico non è il tennista Rafael Nadal. Laddove è solo merito della costituzione greca, se il cancelliere tedesco non può ancora scegliere il primo ministro ellenico.

      Elimina
  4. Si sbrighi con la seconda parte, che dopo la prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi ho cambiato idea e propendo per il si.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti io sono in un loop tale per cui sono portato a sostenere le ragioni avverse a quelle di qualunque sostenitore del sì e del no. Ad esempio quando vedo cose del genere: https://twitter.com/captblicero/status/786258496161452032
      Dotto', mi perdoni l'impudenza, ma ci sta mettendo piu' che per la coltura di una villocentesi!
      Di questo passo l'aspettativa non fa che crescere.

      Elimina
  5. ... faccio soltanto una prova per vedere se anche questo blog funziona come quello del fantasmagorico "de Gouges", pieno di citazioni, di ipotesi, di cifre, ma, nel quale, non c'è ospitalità per chi la pensa in modo diverso da lui e cui manca il rispetto dell'essere umano.

    Plinio

    P.S. Mi concede la possibilità di inviarle un'e-mail più esplicativa al suo indirizzo di posta elettronica? Grazie per l'ospitalità

    RispondiElimina